martedì 8 gennaio 2013

Il Vesuvio

di Sofia Galli


Il nome Vesuvio (in latino classico Vesuvius; attestato anche come Vesevius, Vesvius, Vesbius) è presumibilmente d'origine indoeuropea, da una base *aues, "illuminare" o *eus, "bruciare".
Il monte Vesuvio è un vulcano esplosivo attivo (in stato di quiescenza dal 1944), situato in Campania, nel territorio dell'omonimo parco nazionale istituito nel 1995. La sua altezza, al 2010, è di 1.281 m; sorge all'interno di una caldera di 4 km di diametro. Quest'ultima rappresenta ciò che è rimasto dell'ex edificio vulcanico (Monte Somma) dopo la grande eruzione del 79 d.C., che determinò il crollo del fianco sud-orientale in corrispondenza del quale si è successivamente formato il cratere attuale. È attualmente l'unico vulcano attivo di tutta l'Europa continentale.
È uno dei vulcani pericolosi più studiati al mondo; ciò è dovuto al fatto che sulle sue pendici abitano circa 700.000 persone e le conseguenze dell'eruzione sarebbero estremamente devastanti.
Nel 1997 il Vesuvio è stato eletto dall'Unesco tra le riserve mondiali della biosfera.
Nel 2007 il Vesuvio è stato proposto alla selezione per eleggere le sette meraviglie del mondo naturale come Bellezza naturale italiana, non riuscendo però ad essere eletto dopo essere arrivato in finale.







La grande eruzione
Pompei il 24 agosto del 79 d. C.
L'eruzione del 79 d.C è senza dubbio la più nota eruzione del Vesuvio e forse la più nota eruzione vulcanica della storia. 
Questa è stata descritta da Plinio il Giovane in due famose lettere a Tacito, che costituiscono dei preziosi documenti per la vulcanologia.
Nelle lettere egli racconta della morte dello zio, Plinio il Vecchio, partito da Miseno con una nave per portare soccorso ad alcuni amici. Da qui la denominazione di eruzione pliniana per questo tipo di fenomeno particolarmente violento e distruttivo.
In epoca romana, all'inizio del primo millennio, il Vesuvio non era considerato un vulcano attivo e alle sue pendici sorgevano alcune fiorenti città, che si erano sviluppate grazie alla bellezza e alla fertilità dei luoghi. Nel 62 d.C. l'area vesuviana fu colpita da un forte terremoto, che provocò il crollo di molti edifici e produsse danni anche a Nocera e a Napoli. All'epoca non fu ipotizzata alcuna relazione tra il terremoto e la natura vulcanica dell'area.
Il 24 agosto dell'anno 79 d.C. il Vesuvio rientrò in attività dopo un periodo di quiete durato probabilmente circa otto secoli, riversando sulle aree circostanti, in poco più di trenta ore, circa 4 Km3 di magma sotto forma di pomici e cenere.
L'eruzione ebbe inizio intorno all'una del pomeriggio del 24 agosto con l'apertura del condotto a seguito di una serie di esplosioni derivanti dall'immediata volatilizzazione dell'acqua della falda superficiale venuta a contatto con il magma in risalita. Successivamente una colonna di gas, ceneri, pomici e frammenti litici si sollevò per circa 15 km al di sopra del vulcano.
Questa fase dell'eruzione si protrasse fino all'incirca alle otto del mattino successivo, e fu accompagnata da frequenti terremoti. Approfittando nella notte di una apparente pausa nell'attività eruttiva, molte persone fecero ritorno alle case che erano state lasciate incustodite. Ma furono sorprese nella mattinata dalla ripresa dell'attività durante la quale si verificò il collasso completo della colonna eruttiva, che determinò la formazione di flussi piroclastici che causarono la distruzione totale dell'area di Ercolano, Pompei e Stabia.
Nella parte terminale dell'eruzione, avvenuta probabilmente nella tarda mattinata del 25 agosto, continuarono a formarsi flussi piroclastici i cui depositi seppellirono definitivamente le città circostanti, mentre una densa nube di cenere si disperdeva nell'atmosfera fino a raggiungere Capo Miseno.


Ercolano
Già gravemente danneggiata dal terremoto del 62, la città venne poi distrutta dall'eruzione del Vesuvio nel 79, che la coprì con un'ingente massa di fango, cenere ed altri materiali eruttivi trascinati dall'acqua piovana che, penetrando in ogni apertura, si solidificò in uno strato compatto e duro di 15-20 metri.
L'eruzione del Vesuvio si articolò in due fasi: la prima fu della durata complessiva di 12 ore, con caduta di pomici bianche e grigie; la seconda della durata di sette ore costituita dall'alternarsi di nubi ardenti e di colate piroclastiche. E fu quest'ultima che colpì principalmente Ercolano, seppellendola sotto una coltre di oltre 20 metri.
A seguito di analisi termogravimetriche si è sostenuto che la temperatura fosse di circa 300-320 °C. Questa temperatura avrebbe permesso la conservazione dei papiri, ritrovati nella villa conosciuta come Villa dei Pisoni, che si sono conservati in condizioni più o meno buone a seguito di un processo di carbonizzazione. Se ciò fosse vero non si capirebbe come in alcuni edifici, ad esempio nelle Terme suburbane, il legno si conserva nel colore naturale: una porta gira ancora sui cardini originali. Si può supporre che un'elevata temperatura abbia coinvolto solo alcune zone della città.



posizione di Ercolano nella provincia di Napoli



di S. Galli






4 commenti:

  1. sempre interessanti i vulcani ...Silvia

    RispondiElimina
    Risposte
    1. è vero...ma anche PAUROSI...non si sa mai cosa nascondono all'interno:LAVA!!

      Elimina
  2. Che paura... Se fossi stata nei panni degli abitanti di Pompei non sarei morta per il vulcano, ma solo per infarto!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Che impressione la forma dei corpi morti!!!!!

      Elimina