giovedì 22 novembre 2012

Storia e Lingua

di Chiara Nascioli



Nel 1348 si propagò una terribile epidemia di peste che causò lo spopolamento dei villaggi e delle città, ma soprattutto causò trenta milioni di morti; un testimone oculare di questa epidemia è Giovanni Boccaccio, che la descrisse nelle prime pagine della sua opera più celebre, il Decameron.
In quegli anni il Papato fu dominato dai pontefici francesi, che nel 1309 trasferirono la sede ad Avignone e si sottomisero alla volontà dei re di Francia; questo periodo detto cattività avignonese terminò nel 1378. 

Nel Trecento l’Italia dal punto di vista culturale si trovò al centro del rinnovamento culturale grazie a tre straordinarie personalità di intellettuali: Dante Alighieri che scrisse la Divina Commedia;
Francesco Petrarca che scrisse il Canzoniere;
Giovanni Boccaccio che scrisse il Decameron.


Dante Alighieri

Francesco Petrarca

Giovanni Boccaccio


Dante Alighieri

Dante Alighieri nacque a Firenze nel 1265, dove visse fino al 1302 quando venne esiliato per motivi politici, e morì nel 1321 a Ravenna.
Nel 1295 sposò Gemma Donati, da cui ebbe tre figli, ma lui era innamorato di Beatrice, di cui parla nella sua prima opera:la Vita Nuova.
Dante scrisse anche il Convivio, scritto in volgare, dove parla dell’amore per il sapere e per la conoscenza non appartenente solo alle persone dotte, ma a tutte le persone nobili d’animo; e della nobiltà, che non dipende dalla nascita, ma dalla disposizione d’animo e dal comportamento; poi scrisse anche il De voulgari eloquentia, scritto in latino, dove sostiene che per rendere il sapere realmente accessibile a tutti è necessario scrivere in volgare e non in latino; e parla anche del volgare che può essere usato in modo solenne per trattare questioni ed argomenti importanti e ricercati.
A livello politico Firenze era divisa tra guelfi (sostenitori del papa) e ghibellini (sostenitori dell’imperatore); i guelfi erano ulteriormente divisi tra guelfi neri, favorevoli all’intervento diretto del papa nelle questioni fiorentine,e guelfi bianchi, tra cui Dante, desiderosi di una maggiore autonomia dal pontefice.
Dal 1295 Dante partecipò attivamente alla vita politica; all’inizio del 1302 i guelfi neri salirono al potere della città, accusarono Dante di corruzione e venne condannato a pagare una enorme multa; non essendosi presentato al pagamento venne condannato al rogo, ma Dante scappò da Firenze. Qualche tempo dopo i guelfi neri gli offrono la possibilità di tornare a condizione che chiedesse pubblicamente scusa, ma lui rifiutò e da quel momento visse in varie corti dell’Italia centro-settentrionale dedicandosi alla composizione del suo capolavoro, la Divina Commedia.


di C. Nascioli




1 commento: